Anfiteatro Romano
Nel cuore di piazza S.Oronzo sorprende la presenza di una memoria tra le memorie: l’Anfiteatro romano. Memoria parlante della magnificenza dell’impero romano, è un capolavoro di ingegneria costruttiva
L’imperatore Ottaviano Augusto, nei primi decenni del I secolo d.C., volle dotare Lupiae, città periferica del grande impero romano, di un Anfiteatro gigante che, con le sue dimensioni di oltre 102x80 metri, poteva ospitare circa 20.000 spettatori (un po’ meno della metà di quelli del Colosseo).
Si trattava di una vera e propria “invenzione” architettonica già sperimentata a Roma: un porticato perimetrale a due ordini di archi su pilastri e una struttura portante, con pilastri ed archi raccordati da volte, che sosteneva le gradinate della cavea.
Luogo centrale di questa enorme “macchina del divertimento” era l’arena di forma ellittica, dove si svolgevano le esibizioni. In genere si trattava di venationes, ossia cacce tra animali e tra uomini e animali. Ma gli spettacoli più impressionanti erano le munera gladiatoria (le lotte tra gladiatori).
Molte scene di caccia sono state tramandate fino ai nostri giorni incise, come foto del tempo, sui rilievi in marmo posti sopra il podio che delimita l’arena: tori, orsi, leoni, cinghiali e persino elefanti, inseguiti da cani e cacciatori.
A partire dagli anni 1000, venuta meno la sua funzione, l’Anfiteatro fu spogliato degli apparati decorativi e trasformato in un centro abitato fortificato, una “città nella città”, per poi essere definitivamente sepolto sotto le costruzioni quattrocentesche della piazza civica.
Dopo circa cinque secoli di oblio, furono gli scavi dell’archeologo Cosimo De Giorgi, avviati nel 1900 in occasione dei lavori di costruzione della Banca D’Italia, a far riemergere dalle sue ceneri questa importantissima testimonianza.
La parte riscoperta è solo 1/3 dell’intero monumento, di cui permane nel sottosuolo la sezione ad oriente. Sono visibili parte dell’arena e resti delle strutture del porticato e della cavea gradinata, ma nonostante abbia perso le originarie dimensioni possiamo ancora coglierne la grandiosità.
A Lupiae, antico nome della città, accorrevano molte persone, anche dai territori circostanti, per trascorrere ore di intrattenimento in quello che era un vero e proprio quartiere degli spettacoli. Una sorta di “movida”, ma tutto iniziava al risveglio del mattino e bisognava far presto per trovare posto sulle gradinate degli edifici scenici.
Oltre ad andare nell’Anfiteatro e nel Teatro, in quelle giornate di svago, le persone si dedicavano al benessere del corpo nelle Terme pubbliche, i cui resti archeologici sono stati documentati nel corso dei lavori di sistemazione di Piazzetta Vittorio Emanuele II e di S.Chiara.
L’Anfiteatro, proprietà dello Stato, è gestito dal Polo Museale della Puglia, da poco Direzione Regionale Musei, organo periferico del Ministero della Cultura.
Da non perdere
Presso il Museo storico della città (MUST) nella mostra “il Leccio e la Lupa” sono riprodotti in scala i plastici dei due Anfiteatri di età imperiale siti nel territorio comunale (l’Anfiteatro di Lupiae e quello della vicina Rudiae), consentendo un confronto tra i due edifici realizzati con differenti tecniche costruttive.
Nel Museo Sigismondo Castromediano una testa-ritratto del giovane Ottaviano Augusto, che proprio a Lupiae nel 44 a. C. apprese di essere diventato il successore di Cesare, è esposta assieme ad altri importanti rinvenimenti provenienti dall’Anfiteatro.
Curiosità & aneddoti
Le venationes consistevano nell’inseguimento e uccisione di animali selvatici, che venivano portati dai territori più lontani dell’impero, tramite il porto di S.Cataldo. Si svolgevano in genere durante la mattina, prima del principale evento pomeridiano: i duelli gladiatori. Quello di catturare e trucidare gli animali non era solo un sadico divertimento, ma una rappresentazione di dominio sul mondo e sulla natura.
Gli scavi archeologici per la riscoperta dell’Anfiteatro furono limitati da importanti presenze. Nel settore orientale si procedette scavando solo gallerie sotterranee ma, giunti in prossimità della Chiesa di S.Maria delle Grazie, le indagini furono interrotte: il parroco si oppose, impedendo che ne “stuzzicassero” troppo le fondamenta.
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