Chiesa dei Santi Niccolò e Cataldo

Nel mistico piazzale del Cimitero, tra le bellezze del giardino monumentale e dell’ex convento degli Olivetani, si erge la chiesa di SS. Niccolò e Cataldo, uno degli emblemi più significativi dell’arte romanica in Puglia. 

Tancredi D’Altavilla era diventato Conte di Lecce quando, scampato leggendariamente ad un naufragio nelle acque del mare Adriatico, per sciogliere un voto, volle edificare fuori la città una chiesa e un monastero, che dedicò al protettore dei naviganti S.Nicola di Myra e a S.Cataldo.

Nel 1180 affidò il complesso religioso ai Padri Benedettini, senza altro obbligo che quello di pregare per la sua anima. In quel periodo di fervido rinnovamento edilizio nel Regno di Sicilia, come testimonia la contemporanea costruzione del prestigioso Duomo di Monreale, il complesso divenne fulcro di intensa vita religiosa e culturale.

La chiesa di Tancredi aveva una struttura architettonica compatta ed essenziale, con una spazialità “accentrata” di impronta bizantina e una facciata romanica a spioventi, con tipico rosone ed archetti pensili. Un capolavoro artistico il portale, incorniciato da quattro fasce di decorazioni con motivi vegetali: fiorami, foglie di acanto con profonde scanalature e arabeschi di ascendenza islamica, cesellati sulla pietra come su un oggetto di oreficeria.

Nel 1494 subentrarono gli Olivetani (congregazione benedettina di Monte Oliveto) che ricostruirono in forme maestose il convento. La chiesa fu invece conservata nella sua struttura, ampliata ed abbellita, per mano di Gabriele Riccardi, con la costruzione di un nuovo coro e la realizzazione di nuovi affreschi.

 La facciata, a due ordini scanditi da paraste scanalate, è la ricostruzione barocca del 1716   arricchita con statue di santi appoggiate su mensole e con un fastigio “a greca”, solennemente coronato dal grande stemma degli Olivetani. Il portale e il rosone medioevali, preservati a memoria del benefattore Tancredi, conservano ancora le originarie ornamentazioni plastiche.

L'interno ha un impianto basilicale a tre navate, diviso da pilastri quadrilobati, che sostengono svettanti volte ogivali “a botte” e “a crociera”. All’incrocio tra la navata centrale con il transetto, posto nel cuore del tempio, si eleva la cupola, la cui sagoma esterna sull’alto tamburo ottagonale è stata ormai assunta a simbolo del valore evocativo del tempio.

L’apparato decorativo interno, costellato dalle innumerevoli “foglie d’acqua” dei capitelli corinzi e ricolmo di affreschi, esibisce un insieme di eclettica bellezza, in cui motivi latini, bizantini e arabo-islamici si fondono in un armonioso equilibrio.

La chiesa, di proprietà del Comune di Lecce, è gestita dal FAI (Fondo Ambiente Italiano) che ne garantisce l’apertura al pubblico.

Da non perdere

Sono soprattutto gli affreschi a rendere la chiesa “bellissima per ogni verso” diceva Cesare Infantino nella sua “Lecce Sacra”. I più antichi sono quelli che adornano la lunetta del portale principale raffigurante “La Vergine con il Bambino” e quella del portale secondario ad oriente raffigurante “S.Nicola”. Sotto la lunetta del portale principale è incisa un’epigrafe in versi leonini, che sottolinea la caducità della vita e celebra Tancredi, il tutto sotto sei enigmatiche testine d’angelo.

Degli affreschi tardo-gotici rimangono dei frammenti: nella seconda arcata a sinistra vi sono quelli dedicati a S.Benedetto, a cui si contrappongono sul lato opposto quelli dedicati a S.Nicola.

Di grande valore artistico la statua di S.Nicola e le due acquasantiere scolpite nelle colonne, opera di Gabriele Riccardi.

I due altari del transetto sono settecenteschi, mentre su fondo a destra vi è il monumento funebre del poeta leccese Ascanio Grandi, autore di un poema dedicato a Tancredi.

Curiosità & anedotti

La chiesa è tra i pochi monumenti sopravvissuti della Lecce medioevale. A partire dal XVI secolo la città cambiò il suo volto, esibendo le “nuove” architetture rinascimentali, barocche e ottocentesche che ora la connotano. Ha conservato però buona parte dell’originario tessuto medioevale, con fitti e contorti isolati che ancora la caratterizzano.

Tancredi, primo conte di Lecce e ultimo re normanno di Sicilia, riedificò la città di Lecce saccheggiata dallo zio Guglielmo il Malo. Ebbe una vita amara e poco fortunata, scontando fino all’ultimo il “marchio” di figlio illegittimo. Esule in Grecia, condottiero, mori nel 1194, ma non fu sepolto nel suo tempio. Lasciandoci quello che è da tutti riconosciuto come “il Tempio di Tancredi” è riuscito ugualmente a rendere perenne la sua memoria.

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