Chiesa del Gesù o del Buon Consiglio

Allo splendore di Lecce “città chiesa” contribuirono tre chiese tra loro riunite da un comune denominatore, in quanto costruite secondo il gusto della Controriforma cattolica: la chiesa del Gesù, di S.Irene e di S.Maria delle Grazie.

Acclamati dal patriziato leccese, i Gesuiti giunsero a Lecce nel 1573, al seguito di Padre Bernardino Realino. “Cercavano casa” e a breve gli fu concessa la chiesa di San Niccolò, officiata dalla comunità italo-greca che fu costretta a trovarsi una nuova sede.

In quegli anni era in fase avanzata di costruzione la Basilica di S.Croce, ma i Gesuiti vollero staccarsi completamente da quel tipo di  linguaggio barocco. Volevano costruire “a modo loro” imponendo un modello centralizzato, che si ispirava alla Chiesa madre del Gesù di Roma. 

Grazie a lasciti e cospicue elemosine, demolita la chiesa di S.Niccolò, nel 1575 si iniziò a costruire la nuova chiesa, su progetto di un forestiero: il gesuita lombardo Francesco De Rosis. La costruzione fu rapidissima e già nel 1577 la chiesa fu aperta al culto, anche se i lavori proseguirono fino al completamento della navata. 

La facciata, semplice ed austera, ha un’impostazione riferibile all’architettura classica, propria del barocco romano. Si articola in due ordini, scanditi da “lesene” (cioè pilastri leggermente sporgenti), tra loro raccordati da volute laterali che sembrano germogliare da due volti femminili.

Nella partitura centrale tre timpani spezzati pongono in risalto il Gesù,  cui la chiesa è dedicata: sul portale il monogramma di Cristo JHS entro un disco fiammeggiante, stemma della Compagnia, sul finestrone del secondo ordine il Bambino Gesù, sul fastigio Cristo che dona il suo corpo durante l’Ultima Cena, nelle forme simboliche del celebre Pellicano che si squarcia il petto per alimentare la prole. 

Anche il fregio dell’architrave sotto il fastigio contiene immagini che inneggiano alla Passione del Cristo impresse sulle “metope” (formelle scolpite), alle quali si alternano i “triglifi” (scanalature verticali), motivi ornamentali propri dell’architettura greca e romana.

L’interno, a croce latina, con un’unica aula vasta e luminosa e un transetto, i cui bracci sono così contratti da sembrare due cappelle, interpreta appieno lo spirito della Controriforma, volta al coinvolgimento dei fedeli e a portare la loro attenzione sull’evento più importante: l’altare maggiore.

Nonostante numerose opere d’arte siano andate disperse (epigrafi, statue, reliquie), la chiesa cela una singolare ricchezza decorativa. Preziosi gli altari: spettacolare l’altare maggiore, giganti quelli   nel transetto, ricoperti “a stucco” quelli della navata, tutti arricchiti da capolavori pittorici e scultorei.

Da non perdere

Ricostruito dallo scultore leccese Giuseppe Cino nel 1699, l’altare maggiore con il suo andamento concavo è tra i più grandiosi della città.  Nel suo ruolo di fondale scenografico, contiene sei sfarzose colonne tortili tra le quali vi sono le statue dei quattro Evangelisti.  Nella campitura centrale le tele della “Circoncisione di Cristo” del pittore salentino Oronzo Letizia e in alto dell’“L’incoronazione della Vergine” del pittore leccese Oronzo Tiso. La parte basamentale dell’altare maggiore è stata occultata dal coro ligneo, pregevole opera d’intaglio, ivi trasportata dai Benedettini nella seconda metà del 1700, subentrati ai Gesuiti nella conduzione della chiesa e del Collegio.

 

Pregevole il controsoffitto piano decorato alla fine del 1800, impreziosito da tele che narrano le glorie della Compagnia di Gesù.                               

 

La chiesa è intrisa del ricordo di S.Bernardino Realino, al quale è dedicato l’altare nel transetto a destra, che ospita le sue spoglie mortali. 

 

Curiosità & aneddoti

 

Nel primo altare sulla sinistra sorprende la statua della Madonna di Loreto, proveniente dalla chiesa non più esistente delle Cappuccinelle. Per la linearità delle sue forme sembra un’opera contemporanea.  La statua lignea, pur nella sua fissità, ha un’eccezionale resa plastica che infonde un profondo senso devozionale: la Madonna, priva di gestualità, è come enfatizzata nell’abito a pesanti pieghe, dal quale fuoriesce il Bambino, che forse originariamente sorreggeva un globo.

 

Sul punto di incontro tra la navata e il transetto si erge una bassa cupola a pianta ottagonale. Si tratta di un’opera di fine ‘800, che ha sostituito una “finta” cupola su tela, dipinta nella seconda metà del 1600 dal gesuita architetto Andrea Pozzo, mirabile creatore di effetti ottici di sfondo prospettico.

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