Chiesa della Madre di Dio o delle Scalze

In Piazzetta Mariotto Corso, la cui forma poligonale allungata accoglie i prospetti di prestigiose architetture barocche, occupa una posizione di prestigio la chiesa e il convento delle Carmelitane Scalze di S.Teresa, ennesimo esempio di Lecce città-chiesa.

Il complesso religioso occupa un intero isolato, esibendo le sue imponenti facciate su quattro piccole vie che, con caratteristico andamento curvilineo, si addentrano nel labirintico tessuto edilizio della città medioevale.  

Tutto ha origine dalla volontà testamentaria del patrizio leccese e capitano di cavalleria Belisario Paladini, che nel 1631 mise a disposizione il suo palazzo gentilizio per trasformarlo in un monastero per fanciulle di 15 famiglie aristocratiche, da lui prescelte. Successivamente, nel 1635 la moglie Antonia Maresgallo dispose la realizzazione di una nuova chiesa.

Meglio nota come chiesa delle Scalze (o in dialetto leccese delle “Scause”), fu realizzata tra il 1636 e il 1648. Le fonti documentarie hanno accertato il contributo dello scultore-architetto leccese Cesare Penna, di cui è riconoscibile la plastica ornamentale dinamica e sensuosa.

La facciata, costituita da un’unica pagina muraria rettangolare, è delimitata sui lati da due paraste angolari, che corrono per tutta l’altezza fino alla trabeazione di coronamento, il cui cornicione aggettante è finemente decorato, come pure il fregio adorno da festoni di frutti.

Al centro domina il portale, inquadrato da due colonne, con capitelli scolpiti con angeli e aquile, i cui forti effetti chiaroscurali sono conferiti dall’apparato scultoreo. Sul fregio della trabeazione è rappresentato “Il Duello tra David e Golia” e sopra la statua “L'Arcangelo Michele che atterra il demonio”, tra volute e angeli.

Ai lati si aprono due nicchie, con le statue dell'Angelo custode e di S.Caterina d'Alessandria attribuite a Giuseppe Zimbalo. In alto, una finestra con stipiti modanati, il cui fregio della trabeazione espone un cartiglio in pietra leccese che sembra un foglio pieghettato, delicato e fluttuante da sembrare una “foglia primaverile”. 

L'interno è un fastoso piccolo tempio. Ad unica navata, presenta una copertura a volta lunettata percorsa longitudinalmente da costoloni, come pure il presbiterio ha una armonica copertura a volta,  ricoperta di stucchi.  Le pareti laterali, scandite da pilastri corinzi e con finestre monofore strombate, sono animate da statue-reliquiari di sante. 

L’altare maggiore (realizzato nel 1643) è arricchito da un’ornamentazione esuberante, ai limiti dell’orgiastico,  rivestita con “foglie d’oro” che rendono l’interno luminoso. Anche i due altari laterali (S.Teresa d’Avila  e del Crocifisso) hanno un forte risalto plastico con colonne tortili. 

Il restauro della chiesa e del monastero del 1935 ha sottratto fascino alle antiche pietre.

La facciata su via Piccinni testimonia come il monastero sia stato in parte costruito sul preesistente palazzo gentilizio, che ancora esibisce il suo sontuoso portale a bugne (“a cuscinetto e a punta di diamante”), gigli araldici sul fregio del coronamento e lo stemma blasonato della famiglia Paladini. 

Il monastero fu residenza claustrale delle Carmelitane fino al 1791. A seguito della soppressione degli ordini religiosi, nel 1862 passò allo Stato. Nel 1903 fu acquistato dal sacerdote napoletano Filippo Smaldone, che insediò la comunità delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori e l’Istituto per sordomuti. Ora è adibito a casa madre e residenza per ferie e preghiera.

Da non perdere

Il prospettico altare maggiore è l’opera più scenografica, su cui spicca il paliotto in marmo intarsiato e il tabernacolo ottagonale, che termina con un cupolino. Sul fondo la pala della “Madre di Dio con San Giuseppe e San Nicola” (1645) del pittore napoletano Nicolò di Simone Pietro.

Preziose sono anche le tarsie marmoree policrome degli altari laterali. 

Curiopsità & aneddoti

Nella chiesa sono venerate le spoglie dei due protagonisti:

Belisario Paladini, vestito con corazza, così ricordato: “La sua casa trasformò in tempio e le sue ricchezze diede a tutela delle sacre vergini”;

Filippo Smaldone, fondatore dell’Istituto per Sordomuti e della comunità Suore Salesiane dei Sacri Cuori, il quale fu proclamato Santo nel 2006. 

Inquietante è l’immagine del “teschio” intarsiato sul fregio della finestra, come quella dei “doccioni” con sembianze canine sul prospetto.

  • Immagini e video

  • Come raggiungerci

  • Informazioni aggiuntive