Chiesa di San Leucio

In via Francesco Antonio D’Amelio, strada curvilinea che si dipana nel fitto tessuto medioevale della città storica, sorge la chiesa di San Leucio, che un tempo dava il nome all’intero isolato ed “era quasi una parrocchia di tutta quella contrada”.                                                       

La facciata è il massimo della semplicità: un paramento murario liscio con al centro il portale, sormontato da un largo timpano triangolare finestrato.

E’ una delle chiese più antiche della città, già citata in un inventario di beni salentini del 1308 redatto dall’ordine dei Templari. Fu fondata dall’abate leccese Bartolomeo Casaro, che lasciò molti beni al Capitolo di Lecce tra cui questa chiesetta, a condizione che si celebrasse ogni giorno la messa. 

Tale imposizione venne meno già nel Seicento quando, come racconta il sacerdote-scrittore Cesare Infantino nella sua “Lecce Sacra”, la messa si celebrava solo la domenica e i giorni di precetto. 

Leucio, vissuto ad Alessandria d’Egitto, si trasferì a Brindisi, importante porto per l’Oriente e sede di colonie orientali che diffondevano il Vangelo professato nelle loro terre di origine. Fondò la diocesi di Brindisi, di cui divenne il primo vescovo. Seguace della chiesa cattolica, segnò le origini dell’esperienza cristiana nel Salento. Il suo culto si diffuse in tutta la Puglia e varie zone rurali portano il suo nome. Oltre che a Lecce e Brindisi, è venerato anche a Trani, Benevento, Caserta, Capua.

Sia Lecce che Brindisi eressero una chiesa in suo onore: a Lecce nel cuore della città, quale cittadino leccese, a Brindisi in area extrarbana, dove era divenuto vescovo.

La chiesetta che oggi ammiriamo è una ricostruzione del 1823, effettuata da Giovanni Balsamo per adibirla a cappella privata del suo palazzo gentilizio, ora Serracca Guerrieri, la cui facciata esibisce un severo gusto neoclassico. 

Al fianco i leggiadri balconi rococò, con eleganti motivi ornamentali dell’architetto Emanuele Manieri, del palazzo Balsamo, che si protendono fino all’incrocio con via Leonardo Prato. 

Da non perdere

La cappella, ormai sconsacrata, può essere ammirata solo dall’esterno, in quanto non aperta al pubblico. In genere è visitabile in occasione dell’evento cittadino “Cortili aperti”. 

Un recente intervento di restauro ha svelato sulla parete posta sul fondo, un pregevole affresco  raffigurante San Leucio benedicente, risalente probabilmente al XV secolo.

Curiosità & aneddoti

L’isolato che accoglieva la chiesetta di San Leucio, sito nel “portaggio S.Giusto”, prendeva il nome della sua cappella, come d’altronde avveniva per tutti gli isolati della città medioevale.

La città era infatti divisa in quattro “pittagi”, secondo il numero delle quattro porte poste lungo la cinta muraria (S.Biagio, S.Martino, S.Giusto, Rudiae). Ogni “portaggio” aveva una certa autonomia organizzativa nella vita della città: la sua colonna votiva, il suo gonfalone, il luogo dove avvenivano le feste e adunanze, il suo catasto, che enumerava una serie di insulae, tutte dotate di cappella.

Nel Seicento, sul lato sinistro della chiesetta, sorgeva la tipografia di Pietro Micheli, il primo tipografo della città, che ebbe il monopolio assoluto dal 1631 al 1688. Nel 1632 stampò il poema epico “Tancredi” di Ascanio Grandi, il cui manoscritto è conservato nella Biblioteca Provinciale.

Nella Cattedrale di Brindisi nel 1771 fu eretto un altare dedicato a San Leucio, ove è rappresentato in una tela del sacerdote-pittore leccese Oronzo Tiso (1726-1800), e in una scultura lignea del XVI sec. Sopra l’altare si legge: “Divo Leucio Apostolo, Pontefice, Patrono di Brindisi”.

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