Ex chiesa di Santa Maria di Ognibene

All’ingresso nord della città, nella piazza del Bastione, colpisce il fascino che irradiano le Mura urbiche, roccaforte militare del Rinascimento, e il complesso degli Agostiniani, roccaforte ecclesiastica di età barocca, dominato dalla bellissima cupola della chiesa di S.Maria di Ognibene. 

La chiesa e l’annesso convento furono eretti a partire dal 1649 dall’ordine religioso degli Agostiniani Scalzi che avevano ottenuto un’area libera, adiacente la cinta fortificata cinquecentesca, dove sorgeva la chiesetta di S.Maria d'Ogni Bene, così denominata perchè in quel punto il popolo aveva ritrovato l’immagine miracolosa della Vergine (dispensatrice di ogni bene).

I Padri vissero nel convento e officiarono la chiesa fino alla prima legge di soppressione degli ordini religiosi del 1809. Successivamente il complesso religioso divenne sede dei Francescani Minori Osservanti, che rimasero fino alla soppressione definitiva del 1866, intitolando la chiesa a S.Antonio di Padova fuori le mura.

La facciata, a due ordini, semplice e sobria, è scandita da quattro paraste lisce terminanti con capitelli ionici e corinzi, mentre orizzontalmente è divisa da un’alta trabeazione con cornicione marcapiano dentellato, che si ripete prima del fastigio. Dietro la facciata spicca la cupola, impostata su un tamburo di forma ottagonale, con lanterna priva di aperture. 

Il primo ordine, con il portale sormontato da un timpano ad arco, presenta ai lati due nicchie con le statue di S. Domenico e di S. Francesco d’Assisi. L’ordine superiore è dominato dal finestrone sormontato da un frontone ad arco spezzato, su cui è posta la statua acefala di S.Antonio da Padova. Ai lati due nicchie accolgono le statue di S.Gennaro e di S.Oronzo. Anche il timpano è spezzato, per dare posto al centro alla statua della Vergine. Tra gli elementi che compongono l’apparato decorativo “festoni” vegetali collegano le lesene (pilastri incassati nella parete) del secondo ordine. 

L’interno, a croce latina e unica navata, esibisce un’armoniosa spazialità, articolata secondo una partitura ancora rinascimentale. Pregevole è la volta lunettata, percorsa longitudinalmente da strutture a cupola decorate da nastri di fogliame e fiori, espressione di un gusto tutto locale per la decorazione degli interni, riscontrabile sia in edifici religiosi che civili.

La cupola vista dal basso è un vero colpo d’occhio: situata all’incrocio del breve transetto con la navata, è costituita da una calotta a costoloni su pennacchi finemente intarsiati, sul cui tamburo circolare si aprono otto finestre, dalle quali si diffonde una suggestiva luminosità. 

Nel profondo presbiterio l'altare maggiore non è più esistente, mentre nelle cappelle intercomunicanti, poste su ciascun lato della navata, vi sono a sinistra tre altari di età barocca e a destra tre altari di periodo ottocentesco. 

Sconsacrata dopo il 1866, la chiesa è stata utilizzata come magazzino militare. Più volte deturpata da atti vandalici, dopo i recenti lavori di restauro, è tornata  al suo originario splendore.

Da non perdere

Gli otto altari presenti (sei nella navata e due nel transetto), privi di intitolazione, erano stati sistematicamente saccheggiati dopo la sconsacrazione della chiesa, con l’asportazione delle parti scolpite e modanate (colonne tortili, statue, cherubini, mensa). A seguito della raccolta degli elementi lapidei superstiti rinvenuti, l’intervento di restauro ne ha consentito la ricomposizione. 

Su alcuni elementi lapidei degli altari barocchi è stato trovato il motivo “a punta lanceolata” facente parte del repertorio ornamentale dell’architetto Giuseppe Zimbalo. Da ciò l’ipotesi della sua possibile presenza nel cantiere o anche quella che i blocchi intarsiati potessero provenire dal cantiere di S.Angelo, sede di un’altra famiglia di Padri Agostiniani, dove lo “Zingarello” sicuramente lavorò.

Curiosità & aneddoti

Gli Agostiniani Scalzi, che nel 1634 prima di abitare a Lecce avevano la loro residenza nel convento di S.Maria Coronata nella vicina Nardò, veneravano la Vergine Incoronata, tanto da essere chiamati dal popolo “Coronatelli”. In seguito, non solo per le assonanze dialettali ma anche per la malizia popolare, furono denominati “Curnutieddhri”, ossia ”Cornutelli”.  

Il secolo XIX fu funesto per gli ordini religiosi, che furono soppressi ed espropriati dei loro beni. Con le leggi di soppressione, emanate in età napoleonica e poi dal Regno d’Italia, i beni mobili e immobili degli istituti religiosi furono incamerati dallo Stato. L’attuazione di queste leggi eversive comportò la dispersione di un numero impressionante di religiosi e una riduzione di smisurate dimensioni del loro patrimonio artistico.

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