Chiesa di Santa Teresa
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Chiesa di Santa Teresa
A metà strada tra Piazza Duomo e Porta Rudiae, sull’asse portante della città romana, ora via Giuseppe Libertini, le bizzarrìe decorative della chiesa di Santa Teresa attirano lo sguardo anche del passante più distratto.
L’abate Annibale Mercurio, canonico della Cattedrale, donò la sua casa ai Padri Carmelitani Scalzi, i quali nel 1620 diedero inizio alla costruzione del loro convento e della chiesa in una zona centralissima della città.
La costruzione del nuovo complesso religioso, che doveva occupare un’intera isola, suscitò le invidie dell’Ordine dei Domenicani, che abitavano nel vicino convento a ridosso di Porta Rudiae. Si narra che l’11 ottobre del 1620 alle cinque del mattino i Domenicani “sgarrarono la nuova fabbrica dei Teresiani fino alle fondamenta”. A quel tempo erano molto frequenti disaccordi e rivalità tra i numerosi ordini religiosi che la città ospitava.
L’edificazione della chiesa carmelitana, dedicata alla fondatrice dell’ordine Teresa d’Avila, fu ripresa solo nel 1627 e “continuò per almeno un ventennio”. In alcune componenti ornamentali è stata riconosciuta la giovane mano dell’architetto Giuseppe Zimbalo, che diventerà una personalità centrale del barocco leccese realizzando, oltre la Cattedrale, il Campanile e la chiesa di S.Angelo, una sequenza di architetture religiose tutte a sua firma attestate su via Libertini (la chiesa di S.Teresa, la chiesa di S.Anna e la chiesa di S.Giovanni Battista).
La facciata presenta un primo ordine largo e disteso, scandito da colonne scanalate con capitelli corinzi, che a gruppi di tre inquadrano al centro il portale d’ingresso. Altre due colonne sui lati inquadrano le nicchie con le statue dei SS. Giovanni Battista ed Evangelista. Sopra l’imponente trabeazione, il cui cornicione aggettante crea forti effetti chiaroscurali, si erge il secondo ordine rimasto incompiuto, pur accogliendo sui lati trionfali corbeilles (cestini) di frutta su accartocciate volute.
L’interno a croce latina è a una sola navata coperta da una volta a botte lunettata. Vi sono tre cappelle su ciascun lato sormontate da cupolette, che richiamano quelle della vicina chiesa di S.Irene. Gli altari in pietra leccese sono tutti con colonne tortili finemente scolpite. Tra questi l’altare di S.Teresa (il terzo a sinistra) è una delle prime opere plastiche di Giuseppe Zimbalo, che ne ha riportato il suo autografo (Giuseppe Ximalo csopiva) sulla base della prima colonna.
Dopo un periodo di abbandono, la chiesa fu rilevata nel 1831 dalle due Confraternite fuse insieme “SS.Crocifisso e del Gonfalone” che tuttora la detengono.
Il convento all’inizio del secolo XIX dovette accogliere soldati russi, francesi, cisalpini e polacchi delle truppe di passaggio da Lecce. Dopo la soppressione napoleonica (1807) fu trasformato in caserma e in ultimo è stato sede di alcuni istituti scolastici. Di proprietà della Provincia di Lecce, è ora in attesa di un intervento di restauro e di una nuova destinazione d’uso.
Da non perdere
Notevoli le tele del Cinquecento del secondo altare a destra, che rappresentano la Dormitio, l’Incoronazione della Vergine e la Fuga in Egitto.
Nel braccio destro del transetto le tele raffiguranti S.Anna, l’Adorazione dei Magi, oltre a quella di S. Giovanni Battista, di Gianserio Strafella, ora posta nella sacrestia.
L’enorme statua di Sant’Oronzo, realizzata dallo scultore salentino Achille de Lucrezi nel 1869, è la statua in cartapesta più grande della città.
Le preziose tele dell’Apostolato, attribuite al seguace di Caravaggio Giuseppe Ribera, detto “lo Spagnoletto”, sono state da qui trasferite presso il Museo Diocesano di Arte Sacra.
Curiosità & aneddoti
Giuseppe Zimbalo fu denominato “lo Zingarello” (ovvero lo “Zimbalo piccolo”) per non confondere questo “figlio d’arte” con il padre e il nonno Francesco Antonio.
La facciata di S.Teresa si interrompe improvvisamente nel secondo ordine rimanendo incompiuta, analogamente a quanto avverrà nella facciata della chiesa di S.Angelo. Ma nonostante l’incidente costruttivo del Duomo e due facciate prive del fastigio, Lecce non avrebbe potuto fare a meno della genialità artistica dello “Zingarello”.
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