Chiesa di Sant’Antonio a Fulgenzio
In via Imperatore Adriano (la via del mare) si erge il complesso architettonico dei Frati Minori Francescani, su cui spicca l’imponente facciata della chiesa di Sant’Antonio a Fulgenzio, che stupisce il visitatore con le sue forme e il suo stile, ispirati ad uno splendente Medioevo.
I frati francescani, rimasti privi di casa dopo aver dimorato in vari conventi della città, a seguito della soppressione degli ordini religiosi del 1866, stavano per andar via, quando la provvidenza per mano di Letizia Balsamo, terziaria francescana, donò loro la villa rinascimentale di Fulgenzio della Monica.
Dopo essersi adattati a vivere nell’antica villa, decisero di realizzare al suo fianco il convento e la chiesa dedicata a S.Antonio di Padova, incaricando per il progetto l’ingegnere Carmelo Franco.
La scelta architettonica dell’eclettico progettista ricadde sulle forme neomedievali, che meglio potevano rappresentare la religiosità francescana “che doveva parlare allo spirito e commuovere l’anima”. La prima pietra della chiesa fu posta nel 1901 e la costruzione fu conclusa nel 1910.
La facciata, in stile neoromanico, è formata da un’unica cuspide, coronata da archetti pensili, serrata tra due alte torri campanarie, le cui aperture ogivali ai diversi livelli da monofore diventano bifore e trifore, conferendo leggerezza alla scatola muraria. Sotto il rosone centrale si aprono tre finestre e il portale, sulla cui lunetta vi è il bassorilievo con l’effigie di S.Antonio da Padova.
L’interno, a croce latina, ha un impianto di matrice gotica. La pianta è costituita dalla navata centrale e strette navate laterali a cui si accosta un corpo centrale a tre absidi, che fonde in sé transetto e presbiterio, sul modello di quella della Cattedrale di S.Maria del Fiore di Firenze.
L’ambiente è il luogo dell’elevazione spirituale, dove rifulge la lucentezza e la semplicità francescana: la luce soffusa, proveniente dalle finestre circolari e dal rosone, infonde suggestione spirituale, gli archi ogivali proiettano le visuali prospettiche verso l’alto.
Dopo le navate, superato l’arco trionfale che introduce nel corpo centrale, la meraviglia è data dalla “festa di tinte e di ori” creata dalle decorazioni parietali a secco, realizzate tra il 1926 e il 1937 dal Frate Raffaello Pantaloni.
L’abside maggiore ha le pareti traforate da trifore, che lasciano intravedere il baldacchino, spostato nel coro nel 2001 durante i lavori di sistemazione del presbiterio, che hanno comportato tra l’altro l’eliminazione dell’altare e della balaustra.
Il Convento, posto tra la chiesa e villa di Fulgenzio della Monica, ospita la Curia provinciale dei Frati Minori Francescani, che hanno trasformato il sito in una operosa “cittadella francescana” nel cuore della città contemporanea, inglobando altre strutture, quali l’Auditorium, il Museo missionario cinese e di Storia naturale.
Da non perdere
I sei altari intarsiati in marmo delle navate (S.Chiara, S.Pasquale Baylon, S.Anselmo, Cuore di Gesù S.Giuseppe Patriarca, S.Bonaventura) e quelli degli absidi laterali (Immacolata e S.Francesco d’Assisi) esibiscono tele di Giovanni Stano, Luigi Scorrano e Raffaele Maccagnani.
Villa di Fulgenzio della Monica, dopo il trasferimento dei monaci, accoglie:
→ a piano terra la Biblioteca "Roberto Caracciolo”, con incunaboli, cinquecentine, manoscritti dal 1600 al 1800.
→ a piano primo la Pinacoteca di Arte Francescana, con dipinti di arte sacra realizzati tra il XVI e il XX secolo, provenienti dalle collezioni francescane di Puglia, tra cui opere di Giuseppe de Ribera, Gianserio Strafella, Oronzo Tiso, Serafino Elmo.
→ il giardino in cava con uno splendido agrumeto e l’affascinante Ninfeo ipogeo.
Curiosità & aneddoti
L’arco acuto ogivale è l’elemento architettonico, tratto dall’architettura gotica, che domina nella chiesa. Lo troviamo ovunque: portale, finestre, monofore, bifore, trifore, archi e sottarchi delle volte e degli altari, lunette, cornici delle tele, finti archi dei dipinti parietali.
La cupola centrale, secondo il progetto dell’ingegnere Carmelo Franco, si doveva realizzare su un alto tamburo con finestre circolari, ma non fu realizzata per la morte del capomastro. Nel 1925 fu rifatta con una soluzione più semplice e meno suggestiva, lasciando in penombra la zona del presbiterio.
Padre Pantaloni avrebbe dovuto decorare anche le superfici murarie delle navate, ma la sua ardua impresa decorativa non si realizzò mai.
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