Chiesa di Sant'Irene
Sull’asse viario privilegiato della città storica fin dai tempi della civiltà romana (decumanus maximus), che collega porta Rudiae con piazza S.Oronzo, si erge la facciata gigante della chiesa di S.Irene, che fu paragonata al Tempio di Salomone.
I Teatini, giunti a Lecce nel 1586, decisero di costruire il loro complesso religioso in questo sito dopo aver visto, dall’alto dell’antico campanile, l’isola “della Frasca” allora occupata da misere case, abitate da ebrei. Tutto ebbe inizio con l’acquisto di una “picciola stalletta”, ma ben presto gli ambiziosi Padri si estesero fino a “conquistare” l’intero isolato, analogamente a quanto avevano fatto alle loro spalle i Gesuiti con il grande complesso del Gesù.
Con la partecipazione entusiasta della città, nel 1591 fu posta la prima pietra della chiesa, dedicata alla patrona della città S.Irene di Tessalonica. La sua costruzione, iniziata dal transetto e presbiterio, dopo una prima benedizione nel 1602, si protrasse fino al 1639.
Il progetto, realizzato da maestranze locali, era stato affidato al Padre teatino architetto Francesco Grimaldi, che aveva preso come modello quello della chiesa dei Chierici Teatini di S.Andrea della Valle a Roma.
La facciata, di solenni proporzioni, ha un’impostazione riferibile all’architettura classica, propria del barocco romano e in linea con i canoni della Controriforma cattolica. Articolata in due ordini divisi da un’alta trabeazione, è scandita verticalmente da due colonne centrali e da lesene corinzie laterali, che inquadrano cinque specchiature al primo ordine e tre al secondo.
Sulle specchiature centrali si susseguono, accolti da due timpani spezzati, la nicchia con la statua di S.Irene, opera dell’architetto Mauro Manieri del 1717 e sul secondo ordine la scultura a tutto tondo raffigurante l’emblema civico della “Lupa sotto l’albero di leccio”. Completano la sequenza dedicatoria in verticale, lo stemma con la croce coronata dell’Ordine Teatino, scolpita sul fastigio. Quattro pinnacoli in pietra leccese concludono il percorso ascensionale delle colonne e delle paraste.
La dedica in latino “Irene Virgini et Martiri “, incisa sul fregio della trabeazione sotto il fastigio, che continua sul fregio inferiore con “Lupiensum Patronae” , celebra S.Irene, che fu patrona della città fino al 1656.
L’interno, grandioso ma semplice e severo, è a croce latina, ad aula unica delimitata da tre cappelle per lato, un profondo transetto e un presbiterio quadrato. Le coperture sono del tipo con capriate in legno, mentre il presbiterio è coperto con una volta a botte lunettata.
Il presbiterio, ormai privo del coro ligneo, ospita l'altare maggiore dedicato alla Croce, rimaneggiato nel 1753, dopo aver perduto il prezioso tabernacolo (alto circa tre metri). Sul fondo è affisso il grande dipinto raffigurante “Il Trasporto dell'Arca Santa”, capolavoro settecentesco del pittore-sacerdote Oronzo Tiso.
Sontuosi gli altri 12 altari, con colonne che sembrano ricamate nella morbida pietra leccese, le cui ornamentazioni plastiche si estendono anche sulle pareti laterali e sugli archi delle cappelle.
Da non perdere
Gli altari barocchi dei due maggiori protagonisti religiosi sono posti nel transetto:
→ altare di S.Gaetano da Thiene, fondatore dell’Ordine teatino, accoglie la tela che lo rappresenta attribuita a Filippo Maria Galletti. In basso sono appoggiate le quattro statue indorate dei protettori della città (Irene, Oronzo, Giusto e Fortunato), capolavori della scultura lignea napoletana.
→ l’altare di S.Irene (1639) si contraddistingue quale altare-reliquiario, desunto dalla tradizione secolare dell’intaglio dei retablos in Spagna, per la presenza di nicchie disposte su tre file, in cui sono appoggiati nove busti lignei di santi.
Nel transetto a sinistra vi è l’altare di S.Oronzo, attribuito a Francesco Antonio Zimbalo, con la statua in gesso (1864) di Antonio Maccagnani.
Curiosità & aneddoti
Nei primi anni del Seicento le famiglie religiose dei Teatini e dei Gesuiti vissero in conflittualità, tanto che dietro di loro si formarono dei veri e propri partiti. Centro dello scontro fu l’esclusività sul culto cittadino di S.Irene. La diatriba venne messa definitivamente a tacere solo dopo il riconoscimento nel 1656 di Sant’Oronzo quale nuovo patrono della città. A S.Irene fu riconosciuto il ruolo secondario di protettrice dai fulmini.
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