Chiesa di San Francesco di Paola

Nell’invaso di Piazza Peruzzi, in cui un tempo si svolgevano tornei e giostre cittadine, si esibiscono le facciate di importanti monumenti cittadini, tutti di età rinascimentale: la chiesa di S.Maria degli Angeli, l’ex convento dei Paolotti e l’imponente Palazzo Giaconia.

Il nome della piazza rimanda ai primi decenni del 1500 quando il nobile fiorentino Bindaccio Peruzzi e la moglie leccese Giovannella Maremonte donarono ai Minimi di S.Francesco di Paola (Paolotti) la chiesa di S.Maria degli Angeli e un oratorio, fatti costruire “per la salvezza della loro anima” nel loro giardino fuori le mura della città denominato “Panduccio“.

I Padri Minimi non si accontentarono di quel generoso lascito e costruirono una chiesa e un convento più grandi, con l’intenzione di dare alla loro casa la medesima importanza di altri ordini religiosi. Nel 1558 le campane francescane poterono anche risuonare all’interno della nuova cinta fortificata, che fu appositamente allargata per includere il complesso religioso. 

La facciata, articolata in due ordini, è ripartita da lesene scanalate che inquadrano nella campitura centrale il prezioso portale e un finestrone, fiancheggiato da archetti pensili su peducci ad andamento scalettato, che si interrompono al centro per lo stemma araldico dei Maremonte. 

Nel corso del Seicento la facciata perse un po’ del suo fascino rinascimentale, con la realizzazione delle grandi finestre che sostituirono le originarie e il ridisegno del secondo ordine e del fastigio con due volute barocche, su cui fu collocata la statua di S.Michele Arcangelo, protettore dell’Ordine. 

Ma il gusto elegante del rinascimento lo si coglie soprattutto dal portale, opera dell’architetto Gabriele Riccardi: due colonne, finemente scolpite, reggono la trabeazione riccamente decorata, sormontata da un timpano ad arco in cui vi è “La Vergine incoronata dagli Angeli”, opera scultorea attribuita a Francesco Antonio Zimbalo

L’interno, a croce latina, ha tre navate divise da due file di sette colonne che sorreggono coperture a volta. L’ambiente rifulge di una vivida luce artistica e di una mistica solennità infusa dalla fitta serie di altari (sette su ogni lato), che testimoniano tre secoli di arte figurativa locale.

Il convento dei Minimi fu definito una delle strutture architettonicamente più importanti del Regno di Napoli. Nel Seicento era abitato da circa 40 frati, che godevano di prestigiosi ambienti, un bellissimo giardino e un pregevole chiostro, in cui si svolgevano anche attività culturali aperte ai laici, con corsi di filosofia e teologia.   

Dopo la soppressione degli Ordini religiosi, nel 1816 il Convento divenne di proprietà dello Stato, che lo destinò prima a casa correzionale e poi a carcere giudiziario. Dal 1997 la struttura accoglie la caserma della Guardia di Finanza.  

Da non perdere

Il fregio del portale d’ingresso ha un ornamento bizzarro: due coppie di ippocampi “galoppano” in direzione opposta legati dalla coda ad una stele. Sono cavalcati da angioletti, con le mani una sulla coda (di pesce) e l’altra sulla criniera (di cavallo). Al centro un’aquila che regge una targhetta con una figura muliebre distesa. C’è chi in questa scena dionisiaca ha visto un richiamo al “Trionfo di Galatea”, famosissimo affresco di Raffaello Sanzio, posto nel palazzo della Farnesina di Roma.

Numerosi sono gli altari, alcuni dei quali costruiti a imperitura memoria di nobili famiglie leccesi. 

Il sobrio altare cinquecentesco della Vergine di Costantinopoli di Gabriele Riccardi è noto per la tela “La Madonna di Costantinopoli e i SS. Caterina d’Alessandria e Michele Arcangelo,” realizzata nel 1564 da Gianserio Strafella da Copertino. 

L’altare di S. Carlo Borromeo ha le colonne decorate con i gigli di Francia e la tela del Santo, opera di Gian Domenico Catalano (1615); 

Inquietante e drammatico l’altare degli Innocenti di Cesare Penna, le cui colonne sono “decorate” con i bambini mutilati nella strage voluta da Nerone, rappresentata anche nella tela “La Strage degli Innocenti” attribuita ad Antonio Verrio.

Curiosità & aneddoti

Sulla volta del presbiterio sono affrescate vicende della vita di S.Francesco di Paola. Ma chi voglia leggere un libro affascinante sulla sua vita deve recarsi presso l’altare a lui dedicato nella Basilica di Santa Croce dove episodi salienti sono narrati dallo scalpello di F.Antonio Zimbalo su dodici “formelle”. 

Gli archetti pensili della facciata e del prospetto laterale contengono una sequenza di volti umani. Non si sa chi siano questi personaggi, molti dei quali hanno copricapi di svariate tipologie (alla spagnola, a zuccotto) … un vero rompicapo riconoscerli.  Tra questi vi è un’immagine che profana la sacralità francescana del tempio: il volto di un diavolo.

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