Ex Convento dei Celestini o Palazzo del Governo

L’ex Convento dei Celestini esibisce su via Umberto I la magnificenza della sua facciata barocca e il suo superbo chiostro, che un tempo costituivano l’orgoglio artistico di un importante ordine religioso e che ora sono l’icona di due primarie istituzioni cittadine: la Prefettura e la Provincia di Lecce.

La facciata dell’ex convento si fonde armoniosamente con quella della Basilica di S.Croce, costituendo un unico fondale scenografico prezioso ed irripetibile.

La prima dimora dei Padri Celestini a Lecce fu edificata nel secolo XIV in prossimità del Castello medioevale, dove sorgeva una cappella intitolata a S.Croce, grazie alle generose elargizioni del Conte di Lecce Gualtieri VI di Brienne.

L’ordine dell’imperatore Carlo V di ampliare il Castello e rifare le Mura della città cinquecentesca, comportò la demolizione del complesso religioso, che fu ricostruito nel sito attuale (ex quartiere della Giudecca), dal quale nel 1541 erano stati espulsi definitivamente gli ebrei.

Il progetto fu elaborato dall’ “eccellente architetto” leccese Gabriele Riccardi, detto “Beli Ricciardo”, che nel 1549 disegnò una fabbrica “più grande e più sontuosa”. La costruzione, cominciata a partire dall’ala destra del chiostro, nel 1560 era già abitata dai Padri Celestini.

Per il chiostro, il più grande della città, si ispirò a quello da lui stesso disegnato per il monastero degli Olivetani. A forma quadrangolare, è delimitato da un elegante porticato con 24 archi, sorretti da colonne binate, che sostengono volte “a crociera”. Agli inizi del secolo XIX le quattro facciate sul chiostro furono obliterate con la formazione di un nuovo prospetto di gusto neoclassico, i cui piedritti in parte inglobano le originarie colonne. 

La facciata, di straordinaria ricchezza decorativa, fu realizzata tra il 1659 e il 1695. La superficie muraria è articolata in due ordini, divisi da un’alta trabeazione, la cui scansione verticale è data da una sequenza di paraste, lavorate “a bugne” lisce, che inquadrano regolari scomparti murari, con al centro le finestre. 

Il primo ordine, con portale centrale e cinque finestre per lato, è impostato su un alto basamento bugnato. Qui si esibisce il genio artistico di Giuseppe Zimbalo, di cui riconosciamo i motivi del suo repertorio ornamentale, contraddistinto dalle creative decorazioni dei capitelli, i raffinati ornamenti delle finestre, sormontate da timpani mistilinei, oltre alla tipica decorazione “a punta lanceolata”.  

Il secondo ordine è stato, con un consenso non unanime, invece attribuito all’architetto Giuseppe Cino che, attento a conseguire un’unità formale, ripropone lo stesso schema compositivo, ma utilizza un linguaggio più ricco e articolato, con cornici delle finestre più frastagliate e raffinate e maggiori effetti chiaroscurali. Conclude la decorazione della facciata arricchendo il fregio della trabeazione con simboli del potere temporale e spirituale (scudi araldici, tiare, corone).

Il convento, abitato per tre secoli dai Padri Celestini fino alla loro soppressione nel 1807, fu un centro di cultura molto attivo, con una prestigiosa scuola di teologia e filosofia. 

Nel 1811 fu destinato a sede dell’Intendenza di Terra d’Otranto. Per adeguarlo alla nuova funzione furono eseguiti importanti lavori di ristrutturazione degli spazi interni. Si procedette alla realizzazione della facciata neoclassica su via XXV luglio, su progetto dell’architetto Giuseppe Maiola. L’apertura del portone, in asse con quello di via Umberto I, pose l’edificio in dialogo con la città moderna. 

L’ex convento ora ospita la Prefettura, con gli uffici e l’appartamento del Prefetto ed uffici della Provincia di Lecce, con una rappresentativa sala consiliare.

Da non perdere

Il portale laterale di accesso dal chiostro alla basilica, delimitato da una cornice finemente intarsiata sulla pietra leccese, è opera di Gabriele Riccardi. Da esso si scorge, sul fondo del transetto, l’altare più mistico e drammatico: quello contenente la reliquia della vera Croce, capolavoro di Cesare Penna. 

Curiosità & aneddoti

Sul braccio destro del chiostro, tra i tanti peducci a motivo vegetale, su cui scaricano le volte del   porticato, sorprende la presenza di un peduccio con una figura laica: si ipotizza che si tratti dell’effigie dell’architetto Gabriele Riccardi. 

Il piano terra accolse nel 1868 il Museo Sigismondo Castromediano, custode di glorie millenarie, ora negli spazi espositivi del Collegio Argento, in viale Gallipoli.

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